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ESCE IL 21 APRILE “UN PAESE CI VUOLE”, IL NUOVO ALBUM DI DIMARTINO

Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti.

Cesare Pavese, La luna e i falò.

 

Esce il 21 aprile Un paese ci vuole, il nuovo album di inediti di Dimartino, tra i più attesi della stagione discografica. Un disco che è un viaggio, semplicemente, che inizia con l’arrivo della primavera e si chiude con settembre, la fine dell’estate.

Un percorso che grazie a una scrittura immaginifica ci restituisce frammenti di vita che rischiano di essere dimenticati. Perché le canzoni di Dimartino questo fanno: creano immagini, le disegnano con cura e le raccontano con un lirismo intenso e delicato più unico che raro.

Le parole di Cesare Pavese sono prese in prestito per dare il titolo all’album e lasciano intuire fin da subito il filo rosso che unisce tutte le tracce: “Il paese inteso non solo come luogo geografico, ma soprattutto come condizione umana in estinzione – spiega Dimartino – quello che ti porti dentro ovunque tu vada, il paese necessario a conservare i ricordi”.

Anticipato dal singolo Come una guerra la primavera, Un Paese ci vuole è stato registrato in una casa di campagna in Sicilia insieme ai compagni di avventura Angelo Trabace e Giusto Correnti, con l’ausilio di uno studio mobile. Prodotto da Fabio Rizzo e Antonio Cupertino, vede la collaborazione di Francesco Bianconi dei Baustelle, che con Dimartino ha scritto e interpretato Una storia del mare, e di Cristina Donà, che canta in I calendari.

Un disco che arriva dopo Cara maestra abbiamo perso (2010), Sarebbe bello non lasciarsi mai ma abbandonarsi ogni tanto è utile (2012) e l’ep non vengo più mamma (2013), lavori che hanno messo in luce le straordinarie qualità di scrittura di Dimartino, proiettandolo nel novero dei cantautori e degli autori più interessanti e del panorama italiano. 

Un paese ci vuole è un disco pieno di idee e guizzi, costruito con armonie che catturano, dove Dimartino, come un abile demiurgo, ha saputo mettere ogni cosa al suo posto senza lasciare nulla al caso.

Undici tracce, di cui una strumentale (dodici se si aggiunge la registrazione del racconto del nonno, narratore di cose perdute) dotate di un grande respiro melodico. Un album sospeso tra folk, pop e un songwriting poetico che evoca e affabula. Un lavoro corale dove la voce duttile ed espressiva del cantautore è guidata quasi sempre dai temi del pianoforte di Angelo Trabace, a cui si aggiungono le percussioni di Giusto Correnti e  di volta in volta gli archi, i cori, i timpani, le chitarre.

Un album che attinge al profondo della canzone italiana e ne rielabora la lezione in chiave modernissima, fino a spingersi in territori altri, sfiorando l’elettronica, e in alcuni episodi i ritmi sudamericani.

Undici gioielli in cui Dimartino racconta la sua terra e la rende universale, dipingendone le dinamiche umane fatte di abbandoni, di ritorni, e di sogni che non si lasciano intimorire dalle frontiere o dalle distanze.

foto band corsa Ridotta